martedì 26 marzo 2013

FIOR DI PESCO

Ho visto un ramo di fior di pesco stamattina. Poco dopo mezzogiorno. Ero in macchina, la giornata era grigia e fredda. Sul cruscotto l'indicatore della temperatura esterna indicava solo 6 gradi, eppure oggi è il 26 di marzo! E' stato un flash e mi è subito venuto in mente un paragone: quel fior di pesco, che si è ostinatamente impegnato a sbocciare più per seguire il calendario piuttosto che il meritato e desiderato tepore del sole mi sembra quasi come quelle creature che nascono e vivono nonostante le 'intemperie' della vita.
Poco tempo fa, chiacchierando del più e del meno con una persona conosciuta da poco, sentivo che costui si lamentava dei tempi tristi nei quali ci troviamo a vivere, tra incertezze e difficoltà di vario ordine e grado, ma specialmente economiche. L'ho ascoltato e, ripensando al fatto che anche io spesso mi sono fatta da me medesima lo stesso discorso, ho tuttavia osservato che altra gente è vissuta in periodi ben più difficili dei nostri e ho spiattellato, lì per lì, tutti coloro che, giovani o vecchi che fossero, hanno dovuto patire l'orrore dei campi di sterminio nazisti. Il mio interlocutore ha subito annuito....
A volte, per non dire quasi sempre, pensiamo che il nostro dolore sia unico e supremo, e così ci accartocciamo su noi stessi, rimaniamo immobili, fissando tutta la nostra attenzione sul nostro sentire, diventando completamente sordi di fronte agli altri e a tutto il resto. Anche io anni fa ho pensato spesso in questi termini. C'è stato un periodo in cui, non so perché, ma temevo che i miei genitori sarebbero morti di lì a poco. Ovviamente vivevo questa ossessione dentro di me senza voler far preoccupare nessuno, per cui era tutto ingigantito, come lo è qualsiasi sensazione che ci si ostina a trattenere dentro di sé. C'è stato addirittura un periodo in cui ricordo di essere stata attenta a tenere sempre qualche abito nero in armadio perché, chissà, pensavo che sarebbe potuto servire. Pensavo a quanto forte sarebbe stato il mio dolore e che il dolore di nessuno sarebbe stato superiore al mio. Per fortuna poi è arrivato un barlume di intelligenza a farmi superare questa fase. Ho semplicemente intuito che era da persone mediocri e stupide pensare che il proprio dolore fosse superiore a quello di qualsiasi altra persona.  
Non esiste un termometro che ci consenta di misurare il dolore. Se anche ci fosse, questo non cambierebbe nulla, visto che ognuno sente il proprio dolore a modo suo e a modo suo deve trovare il modo di smaltirlo.
Se a volte ci si lagna del nostro vivere proviamo talvolta a pensare a quante e quali sofferenze sono state vissute da intere generazioni che magari hanno conosciuto guerre, carestie, eventi tragici di ogni genere. Non avevano colpa di nulla. Si sono semplicemente trovate a nascere, proprio come il ramo di pesco che ho visto stamattina, in un momento che avrebbe potuto essere ben migliore, ma quello è stato il tempo che Qualcuno aveva deciso per loro. Il motivo non lo sappiamo. Meravigliosa rimane comunque la forza della vita che si ostina a nascere anche nella più ostile delle realtà, e questo è un miracolo talmente grande al quale dobbiamo  sempre inchinarci, senza parole di fronte a tanta grandezza....

3 commenti:

  1. Hai ragione quando dici che non esiste un termometro per misurare il dolore ma è altrettanto vero che il dolore è un termometro che misura noi stessi; Una volta lo si considerava con fatalità, come una cosa ineluttabile, se si era giovani si sapeva superarlo con l'esuberanza della vita stessa, se avanti con gli anni ci si richiudeva in noi stessi e si lasciava che la vita ci trasportasse fino alla fine; c'era comunque, più dignità nel viverlo. Adesso con tante troppe soluzioni a disposizione, si fa presto a cancellarlo, a sopportarlo, a pensare a altro; quando addirittura non lo si trasforma in gossip, lucrando sui nostri sentimenti messi a disposizione di tutti. Ne è esempio eclatante le tante morti per i più svariati motivi che vengono catalogate come fatalità, oppure con il classico:"se l'è cercata poteva comportarsi diversamente". Ci si dimentica troppo spesso che il detto: "Oggi a me domani a te" funziona ancora anche se siamo nell'era dei computer. Si va a un funerale e poi alla sera stessa si va a ballare, non si va a trovare un amico in ospedale, perché si ha paura di vedere il male, la sofferenza, salvo ripensarci quando tocca a noi. Potrei continuare per pagine e pagine ma mi fermo qui. P.S. Mio padre è morto di tubercolosi a 32 anni; si è sposato con mia madre in Agosto del 1948 io sono nato in Aprile 1949 e lui è morto il 24 ottobre dello stesso anno. Mia madre dopo un fidanzamento durato 10 anni complice la guerra, si è ritrovata nel giro di 14 mesi, sposata, con un figlio appena nato e vedova. Mica male come dolore; non si è più risposata mi ha allevato secondo il suo modo di vedere il mondo e di questo la ringrazio ancora; il fiore di pesco per lei ha voluto dire cancellare tutti i sogni e le belle speranze, rimboccarsi le maniche e continuare a vivere.

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  2. Si certo che si, anche tua mamma è un chiaro esempio di fior di pesco nato in una giornata grigia e triste. Eppur lei, come la mia famosa Nina, ha avuto il coraggio di lottare e qui sta la grandezza di ogni persona, uomo o donna che sia. Un abbraccio da parte mia alla tua mamma, anche se so che quella tristezza (umanamente incomprensibile!) che ne ha pervaso la vita non se n'è ancora andata via!

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