domenica 22 gennaio 2012

UNA SIGARETTA ACCESA N. 6


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“Purtroppo si … Lorenzo è morto … stamattina, verso le cinque e trenta. Arresto cardiaco. Abbiamo fatto il possibile, ma non siamo riusciti a salvarlo… Mi spiace!”

Veronica alzò gli occhi verso il soffitto della sua camera da letto. Guardò i travi, muti, e fece di tutto per trattenere un enorme singulto che le stava salendo alla gola.

“Capisco…”

“Deve venire qui, faccia pure con calma, per carità, ma ci sono delle formalità da rispettare…”

“Va bene, arrivo…” Veronica parlò in un soffio. Chiuse immediatamente la conversazione e cominciò a piangere a dirotto. Era un grumo di dolore, non c’era altro intorno a lei, oltre al suo dolore e al vuoto di un’assenza che ora faceva sentire più che mai tutto il suo peso. E lei si sentiva  sola, solo sola e infinitamente piccola. Tra un singulto e l’altro, mentre sembrava che la sua stessa anima dovesse uscirle dal petto, un prepotente senso di autodifesa le ordinò di tutelarsi. Un evento del genere era davvero pesante da affrontare e tuttavia realizzò che nulla e nessuno la potevano obbligare ad essere così forte. Non se la sentiva, non ce la faceva, e non era nemmeno giusto, si disse. Chiamò la sua amica Giuliana. Nonostante fosse sabato e fossero solo le otto del mattino, l’amica le rispose dicendole che sarebbe andata a casa sua al più presto.

Mentre tremava ancora tra i singhiozzi, Veronica si alzò dal letto. Non fece nemmeno in tempo ad arrivare al bagno che pure era vicino. Del sangue, tiepido e cupo, le colò dalle gambe ai piedi e macchiò le piastrelle. Ci mancava anche questo, pensò. Non ne ho già abbastanza? Purtroppo, da quando era successo l’incidente, le era anche capitato di avere il mestruo più abbondante e irregolare. Non aveva trovato il tempo di andare a farsi fare una visita dalla ginecologa; sicuramente era un effetto dello stress emotivo. Anzi, una sua amica che aveva un’erboristeria in un centro commerciale dove andava spesso a fare compere le aveva parlato di queste cose. Era una che, a suo avviso, se ne intendeva. Le aveva infatti spiegato che certe situazioni si verificano quando la propria femminilità si sente ‘ferita’. Certo che aveva ragione! E chi, più di lei e della sua femminilità erano ferite in questo frangente? Era andato tutto a…puttane. Già, brutte parole, parole schifose, anzi, con le quali non amava sporcarsi la lingua o il pensiero e che tuttavia spiegavano alla perfezione come ogni sua aspettativa, seppur legittima, fosse ormai scoppiata in mille pezzi, come colpita, disintegrata da un ordigno. Tutto quello che aveva costruito e tenuto insieme con tanto amore si era volatilizzato. Tutto quello che aveva sperato. Tutto quello che aveva creduto.

Ma Veronica pensò anche che non c’era tempo per stare lì a commiserarsi. Bisognava reagire. Ripulì tutto e si mise in ordine. Nel mentre, senza quasi accorgersene, smise di piangere e continuò solo a pensare. Le donne, pensò, hanno sempre a che fare col sangue e col dolore. Quando diventano ‘donne’, per l’appunto, poi, quando partoriscono, poi, sta a loro curare e lavare le ferite, del corpo e del cuore, per le persone che amano, che siano figli, uomini, amanti, vecchi o bambini. Una donna che non sa pulire, curare e guarire questo tipo di ferite non è una vera donna. Le venne addirittura in mente un lontano episodio. Si ricordò che anni prima era stata da lei una ragazza che, per prendersi qualche soldo, faceva le pulizie. Era una studentessa di origine araba. Allora Veronica era molto impegnata col lavoro e ne aveva avuto bisogno per qualche tempo. Era contenta di lei, era una giovane molto educata e servizievole ma aveva un difetto. Non le andava di pulire il bagno. Veronica, che non ne capiva il motivo, un giorno glielo chiese e lei, Tjssam, così rispose: “ Non ce la faccio!”

“Però, se non pulisci, rimane sporco, non credi? Allora bisogna solo mettersi i guanti, prendere il detersivo, far scorrere per bene l’acqua e poi è tutto a posto? Non trovi? Io penso che questo sia il sistema migliore: si fa molto prima e poi è tutto a posto, a posto, capisci?”

Tjssam era riluttante ma poi, poco per volta, capì che era meglio seguire le indicazioni di Veronica.

Ecco, se c’erano delle cose  di cui Veronica invece non aveva mai avuto paura, questa erano lo sporco e la fatica. Tutte le difficoltà ‘concrete’ della vita sembrava che per lei avessero l’unico scopo di spronarla a superarle. Ben diverso era avere a che fare con gli affetti; li considerava così preziosi e fragili che talvolta se ne sentiva quasi sottomessa. Non sapeva come prenderli. Se per pulire bastava armarsi di stracci e scope, oppure, se per dei problemi di lavoro bastava attaccarsi al telefono, scrivere una lettera o discutere anche animatamente per far valere la sua competenza, questo le risultava facile. Ma coi sentimenti non era così semplice. Forse perché, a dire il vero, era stata troppe volte ferita…

Era stata sottomessa anche all’amore di Lorenzo? No, no, questo non si poteva dire…il fatto è che lei, quando amava, amava davvero, oppure … niente … E l’amore a volte fa male, male, male.

Mentre le sue peregrinazioni mentali la accompagnavano in ogni minima mossa, Veronica si lavò e rilavò la faccia più volte senza osare di guardarsi a lungo, tanto sapeva che era irriconoscibile per il gran piangere di poco tempo prima. Si infilò una camicetta azzurra, una di quelle che piacevano così tanto a Lorenzo e poi  un paio di jeans e dei sandalini bassi. Mentre Giuliana suonava al campanello, Veronica aveva già acceso la macchinetta del caffè e aveva messo due tazzine sul tavolo della cucina.

Appena arrivata, Giuliana l’abbracciò forte e lei, che ormai era in riserva di forze, si ripiegò in quell’abbraccio così inconsueto ma così necessario. Le due donne si misero sedute sul divano. Veronica si accese una sigaretta dopo l’altra e, nel mentre, continuava a parlare e a parlare con Giuliana che, da parte sua, ogni tanto taceva, ogni tanto annuiva, ogni tanto chiedeva, misurando ogni sua azione a seconda di quanto le dettavano la sua sensibilità e gli anni di amicizia che aveva condiviso con Veronica, con quella giovane donna che riconosceva essere così forte e fragile al tempo stesso.


2 commenti:

  1. ecco ... questa è una scrittrice vera... mica io :( ciao amora miaaaaaa

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  2. Ecco la notizia tanto attesa è arrivata. Sicuramente Veronica, in cuor suo ormai l'aspettava, visto che la disperazione, se pur sincera, assomiglia più a una rassegnazione, ecco, quindi, il bisogno di avere conforto da un'amica, cosa giustissima ma che si scontra con la sua razionalità. Da una parte l'affetto che provava per Lorenzo, la spinge a soffrire senza ritagliarsi un ruolo a uso e consumo di chi la circonda, dall'altra parte la sua razionalità la spinge a chiedersi perché, lei che non ha mai avuto paura di sporcarsi le mani e di affrontare la fatica, non sia in grado di reggere quest'ultima prova, quasi che la realtà debba essere affrontata come una recita assurda alla quale si adatta malvolentieri. I sentimenti di cui parla e che, forse, troppo spesso, l'hanno profondamente ferita, adesso costituiscono un ostacolo a quel continuare a vivere che, ormai, anche lei, ha capito è umanamente inevitabile. Ormai ha deciso che finito anche quest'ultimo atto, la sua vita, volente o nolente, cambierà in modo definitivo e inequivocabile. Ora non ci resta che aspettare l'epilogo finale ma questo visto che è già pronto, lo voglio fare con calma.

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