sabato 28 gennaio 2012

UNA SIGARETTA ACCESA N. 7


“Hai avvertito a casa di lui?” disse Giuliana.

“Hai ragione, lo devo fare. Io ho visto i suoi solo per qualche giorno l’inverno scorso. Non abbiamo fatto in tempo a fare una grande amicizia. Era lui che li sentiva di tanto in tanto, ma il numero ce l’ho…”

“Ti hanno detto di portare qualcosa per vestirlo?”

“Dio mio, è vero, no, non mi pare che me l’abbiano detto, no … ma è giusto, ora, ora vado a cercare qualcosa … mi aiuti?”

Assieme a Giuliana, Veronica salì le scale di legno che la conducevano alla  camera da letto. Rovistò con grande indecisione prima nella biancheria e poi tra gli abiti di Lorenzo e anche, per sbaglio, tra i propri cassetti. Non trattenne le lacrime quando, in uno di questi, trovò, richiuso in un sacchettino di tulle arancione, un sassolino piatto e bianco, a forma di cuore, che Lorenzo le aveva regalato tdi ritorno da uno dei suoi viaggi di lavoro.

In una decina di minuti, aiutata da Giuliana, mise tutto il necessario in una sportina di plastica rigida e colorata. La scelta fu facilitata dal fatto che nell’armadio giaceva, dalla primavera precedente, un bell’abito scuro che Lorenzo aveva indossato per andare al matrimonio di un suo collega di lavoro. Mentre lo ricordava, bellissimo, in quell’abito così elegante, Veronica non avrebbe mai e poi mai pensato che un giorno non molto lontano lo avrebbe dovuto tirare fuori per un evento così incomprensibile e distante da ogni sua prospettiva.

Mentre le due donne uscivano, incontrarono la vicina di casa di Veronica, che, col cagnolino bianco in braccio, stava uscendo per una passeggiata.

L’orario, l’amica, e la sportina di plastica che Veronica portava con sé la insospettirono immediatamente.

“Lorenzo…?”

“Niente, Lorenzo non tornerà più a casa. Io…ci avevo sperato, ma non è andata così!”

“Non sai quanto mi dispiace!” disse Paola, asciugandosi una breve lacrima che si era immediatamente lasciata scorrere sulle sue guance.

Impermeabile all’aria pesante che si era propagata in pochi istanti sul pianerottolo, il cagnolino di Paola si era messo ad abbaiare dispettosamente. La padrona non riuscendo a zittirlo, fu costretta ad alzare la voce. A quel punto Veronica la salutò con un debole sorriso e scese le scale seguita da Giuliana.

“Puoi guidare tu Giuly? Io non ce la faccio!”

“Certo, non è proprio il momento, vieni con me, ho parcheggiato qui sulla destra.”

Le due donne salirono silenziosamente sulla vettura.

Dapprima Veronica si perse in un frenetico raccontare di tutti quelli che sarebbero stati i progetti suoi e di Lorenzo, per i mesi a venire.

Per percorrere la strada per l’ospedale ci voleva circa un quarto d’ora. Ebbene, i primi cinque minuti furono completamente riempiti dalle parole di Veronica che poi, improvvisamente, si zittì. Nel mentre, continuava a sfregarsi nervosamente le mani e a passarle ogni tanto sulla fronte. Le sembrava quasi di avere la febbre.

Giuliana approfittò di quel breve silenzio per suggerirle di chiamare a casa di Lorenzo.

Veronica annuì e, dopo aver cercato affannosamente il cellulare, che alla fine spuntò da una tasca della borsa, compose nervosamente il numero.

Il colloquio fu brevissimo e laconico. Non c’era nulla da fare. Nel poco tempo nel quale era rimasta a casa dei suoi di Lorenzo non aveva percepito una gran benevolenza verso di sé. Forse perché non aveva fatto in tempo a farsi conoscere bene, forse solo perché loro erano stupidamente gelosi e basta.

Mentre stava per finire la telefonata, Giuliana fu chiamata dal marito. Era anche lui un buon amico di Veronica e avendo saputo la notizia, non se la sentiva di lasciare le due donne da sole. Si offrì di farsi trovare all’ospedale.

Giuliana chiese a Veronica se era d’accordo e lei acconsentì.

All’entrata dell’ospedale le due donne trovarono Marco, il marito di Giuliana, che le attendeva. Appena lo vide, Veronica si accorse che  indossava lo stesso giubbino leggero che una volta, durante una cena, lei aveva rischiato di rovinare con la cenere della sua sigaretta accesa mentre questo era appoggiato alla sedia sulla quale era seduto.

Dopo aver salutato frettolosamente Giuliana ed aver scambiato con lei un triste sguardo d’intesa, Marco accolse Veronica tra le braccia e lei sentì, nettamente, quanto maggiore è il calore che ti può lasciare addosso l’abbraccio di un uomo, cento volte più intenso e avvolgente di quello che ti può dare anche la migliore delle amiche.

Pensò che, d’ora in poi, avrebbe dovuto fare a meno anche di questo e di tante altre cose.

Dopo pochi istanti Veronica si irrigidì e si allontanò da Marco. Stava tentando, in tutti i modi, di vietarsi di mettersi di nuovo a piangere anche lì, tanto sapeva perfettamente che l'avrebbe fatto tra pochissimo. Assieme a loro salì mestamente le scale che l’avrebbero condotta a rivedere il suo Lorenzo che l'aspettava per l'ultima volta ma che oramai faceva già parte di un altro mondo, certamente non più del suo.




2 commenti:

  1. Veronica in questo momento, si comporta come un automa, non è razionale, ha bisogno dell'amica Giuliana per fare quelle cose necessarie allo svolgimento dei prossimi eventi, il funerale, la scelta dell'abito, la telefonata ai suoceri per avvisarli della morte del figlio. E' un automa che però continua a far funzionare il suo cervello alla ricerca di ricordi, visivi e sensoriali da un lato e negli attimi passati quando era felice con lui. Quando incontra Marco il marito di Giuliana, cerca disperatamente in lui quel contatto fisico con un uomo che sa non potrà più esserci, o quanto meno non ci sarà a breve, salvo poi staccarsi per non farsi vedere piangere, sapendo che se l'abbraccio da parte di Marco era consolatorio, da parte sua era la ricerca di una sensazione che non avrà più. Non a caso quel "salire mestamente le scale che l'avrebbero condotta a rivedere il suo Lorenzo che l'aspettava per l'ultima volta", ormai, altro non è che il distacco definitivo da un mondo che per causa indipendente dalla sua volontà prima, e da una sua ormai rassegnata concretezza, dopo, sa essere definitivamente chiuso. Non so per quanto tempo continuerà a piangere o se cercherà di girare velocemente la pagina della sua vita, in cerca di qualcosa che la faccia ritornare a sorridere felice, questa è una cosa che l'autrice, probabilmente vuole tenere per l'ultimo atto finale, a meno che non preferisca chiudere qui la sua storia e lasciarci col dubbio.

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  2. Di solito si salgono le scale per arrivare all'altare, qui invece il rito é di tuttaltro genere. Vedo qui rileggendo le mie parole scritte da te che questo é proprio uno 'sposalizio al contrario', in effetti pensavo a un gesto rituale, l'atto estremo di un sacrificio non voluto ma subito con grande dignità. Certo, ci sarà un altro capitolo...mi sta frullando in testa e comunque assicuro che questo non é mai stato pensato come l'ultimo. Grazie Checcus per la tua grande capacità interpretativa!

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