lunedì 22 ottobre 2012

SAPER LEGGERE LE ANIME

Qualche sera fa ho assistito, almeno in parte perché non sono immune dallo zapping, al programma TALE E QUALE proposto da RAIUNO. Il 'format' é quello, ormai classico e multirete, composto da un manipolo di giudici e da una serie di concorrenti che si esibiscono e che poi devono sottostare, possibilmente con assoluta umiltà a quanto viene detto di loro. Qui i 'concorrenti' sono personaggi di mestiere, di solito cantanti, attori o comici, che si prestano a imitare personaggi famosi. Tra i giudici, oltre al simpaticissimo Lippi e a un elegante e fascinoso Christian de Sica, c'é lei, Loretta Goggi. La ricordo perfettamente quando io ero ancora piccola e lei interpretava Joan ne 'La freccia nera' e a dir la verità allora non mi piaceva poi moltissimo..sarà per via di quella parte un po' maschile, un po' femminile, sarà per via che alla fine sposava il belloccio della storia; purtroppo a 9 anni si può essere già gelosi di un attore che si vede alla TV, io almeno, lo ero, lo confesso, si era così. Per fortuna che ora il 'belloccio' (tale Aldo Reggiani) si é inbruttito ed é invecchiato in modo clamoroso per cui, se ci ripenso mi dico: bene, meglio così!   Scherzi a parte, vedo che la signora Goggi segue con enorme attenzione ogni esibizione e che poi vaglia ogni concorrente con la grande professionalità che le hanno dato i decenni di teatro e TV e anche quella sua passione, non spesso compresa, di voler IMITARE. Credo sia stata allieva del grande Noschese, la famosa 'faccia di gomma' che tanto mi faceva divertire quando ero bambina e poi, adolescente. Non é da tutti saper cogliere le caratteristiche essenziali delle altre persone e poi 'caricarle' sul proprio corpo e quindi riproporle tramite la voce, la gestualità, i monologhi oppure i dialoghi che li fanno rivivere. Loretta stessa diceva che molti personaggi famosi, tra l'altro, non hanno riso con benevolenza delle loro 'caricature' ma, anzi, ne sono rimasti risentiti, con enorme amarezza. Credo in effetti che quando si imita una persona sia anche molto facile andare a ledere certe 'pieghe' caratteriali che sono 'intoccabili', che 'feriscono'. E' anche vero che chi ha il coraggio e anzi, sottolineo, l'enorme coraggio di mettersi su un palcoscenico e fare 'il verso' ad un personaggio famoso deve essere una persona molto, molto speciale: una persona che 'sa leggere le anime'. Credo che qui non ci sia enorme differenza tra uno scrittore, un imitatore, un attore, un cantante. In pratica sono (siamo!) tutti dei  'lettori' e 'traduttori' delle anime altrui. Chi scrive scruta gli altri e poi li utilizza per creare i suoi personaggi, un imitatore ha ancora più coraggio perché, come dicevo prima, fa la stessa cosa, ma utilizza se stesso e in più 'sping' fortemente sull'ironia, per cui é ancora più soggetto alle critiche. Per un attore o un cantante si tratta invece proprio di questione di 'interpretazione', cioé 'lettura' e 'messa in scena' di un mix di sentimenti che sono racchiusi in una situazione, in un testo  e che, finché non prendono vita tramite una persona che li evochi, rimangono lettera morta.
In questi programmi i concorrenti sono seguiti da un nutrito staff di coach vocali e non oltre che da una serie di truccatori e costumisti veramente al top, per cui la performance é sostenuta al massimo e l'impegno di tutti é anche notevole. Ciò non toglie che, nonostante tutta questa impalcatura, talvolta l'esibizione non regga. E' stato il caso di Mietta, che ha riproposto Raffaella Carrà ma che, voce a parte, non ha saputo avere l'eleganza di Raffa nell'indossare uno dei suoi famosi abiti con lo spacco vertiginoso. Nonostante anche Mietta sia una gran bella donna, e anche raffinata, con l'abito della Carrà mi risultava addirittura volgare. E c'é stato poi il caso di una giovane attrice/cantante che ha riproposto Amy Winehouse. Come giustamente ha rilevato la signora Goggi, le mancava la disperazione, quella sorta di oscurità, di ineluttabilità del senso della vita che era solo sua, inimitabile, unica, e che la concorrente non é riuscita a percepire e perciò nemmeno a proporre...non é facile leggere l'anima altrui! E' un dono che non tutti hanno.
P.S.: nella foto un omaggio alla coppia GOGGI-BREZZA. Sposatisi dopo circa 30 anni di convivenza, ho purtroppo saputo che lui é morto poco dopo. Mi dispiace, certe storie d'amore dovrebbero durare per sempre, ma la vita non é una favola...scusatemi per la banalità, ma tutte le volte (le poche e rare volte) che vedo due persone felici insieme vorrei davvero che quel finale non arrivasse mai...Un abbraccio, da donna a donna, alla mitica Loretta!

3 commenti:

  1. Non ho visto il programma, non è il mio genere; però la tua analisi, mi da spunto per alcune riflessioni. Imitare o cercare di interpretare una persona, special modo nello spettacolo, è difficile, molto difficile. Diciamo che il comico che fa l'imitazione a livello di satira, ha le cose molto più semplificate, non dovendo esprimere uno stato d'animo ma un modo di comportarsi o di vestirsi del malcapitato, oggetto della medesima. Più difficile, invece, entrare nello stato d'animo di una persona, specie se si tratta di fatti tristi o di sentimenti che condizionano una vita. Ci sono trasmissioni che hanno la pretesa di entrare nella sfera personale della gente, soprattutto quando sono soggetti a disgrazie che come al solito fanno gossip. Stupisce, per non dire che fa inorridire la presentatrice di turno o l'esperto chiamato a valutare stato d'animo, analisi comportamentale e quant'altro possa servire a far tenere la gente con la bocca aperta incollata alla televisione, in attesa di un improbabile botto finale. Altro discorso invece per quanto riguarda una rappresentazione teatrale, magari di un autore famoso, in cui l'attore, ancor più se dotato da madre natura di quell'istinto d'immedesimarsi nella parte datagli, avvolge lo spettatore in una nebbia in cui è solo la mente a prendere atto di ciò che succede, la scena è superflua, si entra e ci si immedesima nel vissuto quotidiano, interpretato con pochi gesti o immagini assolutamente reali e quindi palpabili da tutti i presenti. Da sempre ci riesce meravigliosamente il teatro, in tutte le sue forme; ci sta ancora provando il cinema, quando il regista è degno di questo nome. Per il resto nella quotidianità, la mediocrità diventa sovrana, diventa curiosa morbosità, assume i contorni di una fiction perenne e onnipresente, senza che ce ne rendiamo conto.

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  2. Nel teatro shakespiriano non esisteva nessuna immedesimazione nel tempo e nel luogo nel quale si svolgeva l'opera. Perciò avresti tranquillamente visto Giulio Cesare vestito con gli abiti che erano di moda ai tempi di Shakespeare e le donne, tra l'altro non potevano essere vere donne, ma solo uomini che le interpretavano...insomma l'immaginazione aveva una gran parte in tutto quanto veniva allora rappresentato. Si era agli albori e non c'erano confronti. Ora cinema e TV ci hanno abituato a vedere realizzata qualsiasi situazione, anche se, a me personalmente, certe evoluzioni da computer non mi danno nessuna emozione vera. Quella la trovo piuttosto in uno sguardo, nel tono di una voce, in una musica che accompagna una situazione.Le anime si possono leggere nel bene e nel male, alla diritta o alla rovescia..dipende da cosa si vuol tirare fuori e far vedere agli altri. E' comunque una capacità non comune che, se bene usata, riesce ad espandere una notevole dose di situazioni e sentimenti.

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  3. Non parlavo del teatro Shakespiriano ma in generale, devi ammettere che in un teatro l'atmosfera è totalmente diversa da quella della televisione o del cinema; ti senti più partecipe e vivi la scena con molto più patos. Tanti anni fa quando ancora la RAI3 faceva dei programmi degni di questo nome, mi sono guardato, in prima serata pensa un po, "il mercante di Venezia" ripreso direttamente in un teatro non so dove e riportato nel piccolo schermo, con un interpretazione di Lawrence Olivier eccezionale. Da parte di uno come che è a digiuno di Shakespeare, avendo sempre preferito i classici francesi, l'essere rimasto impressionato da una tale rappresentazione, è stata una gran cosa.

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