sabato 17 novembre 2012

IL CUORE E LA TESTA

Giusto domani farò una presentazione del mio libro di poesie, LIEVI PASSI TRA I GIORNI.
Sarà facile, in quella situazione, parlare delle aspettative del cuore. L'ambiente sarà certamente uno di quelli più ideali. Tra l'altro l'evento sarà ospitato presso REZ-ARTE GALLERY,  a Reggio Emilia. Quale luogo migliore? Una galleria d'arte: crocicchio d'incontro di pensieri, filosofie, energie....sarà facile ma io, come al solito, terrò anche i miei piedi ben piantati per terra. 
Sono fatta così..per quanto a volte mi sia necessario, come si suol dire 'far vibrare l'anima', resto tuttavia anche fortemente ancorata alla realtà. E' un sinonimo di onestà intellettuale, se me lo concedete. Cioé, io mi sento libera di dire qualsiasi cosa che sento, ma non per questo stravolgo a mio piacimento quello che vedo o trovo accanto a me. Vedo e osservo, come fanno più o meno tutti, solo che poi, spesso, medito e quindi, arrivati a questo punto, talvolta i miei pensieri mi conducono a produrre delle parole che, stando insieme, possono portarmi a creare una poesia, per l'appunto, oppure una storia da raccontare. 
Ieri sera ho assistito al programma Amore Criminale. Problema scottante, quello delle donne che, ultimamente, vengono ammazzate dai loro ex. La bella e brava attrice Luisa Ranieri ci ha presentato la storia di una donna di Monopoli, uccisa poco tempo fa dall'ex marito. Molto buona la ricostruzione, anche cinematografica, della storia, che riprendeva i fatti spiegati in precedenza. Molto interessanti anche le interviste fatte a persone che erano conoscenti o parenti della donna e, soprattutto, molto toccanti sono stati i racconti di vari momenti della vicenda raccontati dai tre figli della donna.
Perché, mi direte, vado oggi a tirare fuori questa storia? Che cosa ha mai a che fare con le mie poesie una realtà che si é rivelata pesantissima, truce, a tratti macabra.
Perché quella storia mi ha toccato, probabilmente perché la donna in questione era solo di qualche anno più giovane di me e certe sue sofferenze, pesanti, le sentivo così reali che mi hanno fatto star male per lei anche se ora, c'é ben poco da fare, visto che, tra parentesi, é morta uccisa a colpi di accetta e il consorte, assassino reo confesso, ha avuto una pena per soli 15 anni...
Ecco, il suo caso, credo si chiamasse Ada, é un tipico caso nel quale il cuore ha prevalso sulla ragione e la sua vita, che in certi momenti sembrava potesse riprendere la strada giusta, é invece finita in tragedia.
In certi momenti della propria vita bisogna essere non forti, ma fortissimi. Se non si riesce a esserlo bisogna chiedere aiuto o andarsene da chi ti sta devastando, anche e soprattutto mentalmente.
Agli altri, dei propri dissidi interiori, giunge sempre poco, molto poco. E quel poco che giunge non é detto che sia compreso. E se anche fosse compreso, non é nemmeno detto che se anche trovi una persona che ti vuole aiutare, quella persona alla fine riesca ad aiutarti.
La mia vecchia malattia, l'anoressia, che io sono riuscita a sconfiggere, mi ha insegnato tanto sotto questo punto di vista. Se non fossi stata io ad aiutarmi, nessuno avrebbe potuto farlo per me. La testa, talvolta, deve dare una mano al cuore e non lasciarlo affogare assieme a tutto il resto.
Mi dispiace infinitamente per Ada, per la sua sofferenza e per quella, enorme, che ho visto e sentito nelle parole dei suoi figli. 
In questo punto della mia vita, tra l'altro, quando sento di certi comportamenti, di certe cattiverie pure, fatte per far stare male gli altri, per il puro gusto di farli star male, comincio a pensare che siano solo il frutto di una mente malata.
La cattiveria é una malattia? Forse....l'importante é non rimanerne contagiati e difendersi, appunto con la testa, da chi, subdolamente, ti azzanna il cuore.....
 

4 commenti:

  1. Questa volta per risponderti uso un articolo che ho scritto per l'ultimo numero del Magazine on line, "Volo dei sensi", vista l'assonanza tra il tuo post e quanto scritto da me. Ciao.


    Stendhal, ovvero l’omicidio per amore.


    Prendo spunto da un articolo di Adriano Sofri su “La Repubblica”, per parlare della violenza subita abitualmente dalle donne, non solo quella psico fisica quotidiana ma, purtroppo, quella che le porta a essere uccise, per motivi futili, dal nostro punto di vista, nella società in cui viviamo; motivi sicuramente ben diversi se applichiamo la teoria di Sofri che è andato a scomodare Stendhal e il suo capolavoro “Il rosso e il nero”, nel quale lo scrittore assolve l’omicida, non solo per il delitto commesso ma lo nobilita azzardando l’ipotesi dell’omicidio per amore. Ora è innegabile che, in tempi passati, soprattutto per mentalità, cultura, regole non scritte, si praticasse quel delitto d’onore, assolto addirittura il più delle volte nei tribunali, in nome di un articolo del codice penale per fortuna oggi soppresso. Nella retorica della letteratura dell’800, si nobilitava l’uomo che uccideva l’amante o la moglie; il primo perché non riusciva ad ottenere quanto desiderato, il secondo, geloso perché si vedeva privato di ciò che riteneva di sua proprietà; portando la donna a farneticare, in ambedue i casi, e a considerare l’azione dell’omicida come una sublimazione dell’amore nei suoi confronti. Quindi non amore per coercizione o paura ma perché il gesto ha nobilitato il sentimento che l’uomo prova per lei. Trasportare tutto questo nella quotidianità dei nostri giorni, è cosa molto più complicata; di solito il delitto d’onore, è ormai caso abbastanza isolato; incide di più nel rapporto di coppia, il lento stillicidio quotidiano che distrugge sogni e certezze che sembravano, definitivamente acquisite. Un esempio per tutte, la ormai innegabile libertà a cui aspira ogni donna, la sua emancipazione, autosufficienza, pur avendo spesso e volentieri, una famiglia da accudire. Secondo me manca una base culturale tra due persone che decidono di provare a vivere assieme; sicuramente l’amore o quello che si ritiene tale, resiste per un certo periodo di tempo, trasformandosi lentamente in affetto, quando non sfocia in indifferenza. Le vecchie tradizioni che con baldanza si pensava di avere cancellate, riaffiorano prepotentemente a giustificazione di un contratto inesistente anche se tacitamente sottoscritto anni prima e che frana miseramente nel vivere quotidiano. Alla fine, quando l’uomo si accorge che il rapporto è ormai giunto al termine e non c’è più nulla da salvare, preferisce usare la violenza, il terrore, l’intimidazione, per cercare di conservare lo status di privilegio di cui ha sempre goduto. L’uccisione arriva, secondo Stendhal, come estremo atto d’amore nei confronti della donna che non si possiede più e che non si vuole dividere con nessuno, la follia di non volere riconoscere il fallimento di un “menage” naufragato nella noia e nel disinteresse quotidiano, aggiornato solo dal misfatto compiuto. Nell’800 la cultura dell’uomo che uccideva per amore, sicuramente era una realtà acquisita, come i duelli d’onore ma la società attuale ha ben poco da spartire con quelle gesta; se due secoli fa c’erano delle convinzioni assolute anche se ovviamente non condivisibili, oggi si vive di incertezze con pochi punti di riferimento degni di questo nome. Ecco quindi l’uso della violenza come metodo di persuasione nei confronti di chi è più debole, quando addirittura non si consideri il soggetto in questione un essere inferiore, alla stregua di una serva pur essendo moglie/compagna. Purtroppo rimane fortemente radicata tra di noi, la mancanza di cultura, di equilibrio, l’irrazionalità nel constatare il crollo di sicurezze fittizie, sulle quali poggia da anni il nostro modo di vivere, ovvero la follia quotidiana che abbiamo trasformato in realtà.

    Francesco Danieletto

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  2. L'indirizzo del Blog/Magazine è:

    www.volodeisensi.it

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  3. Vedi, per me la questione sarebbe molto semplice e travalica sesso, epoche, religione. Si chiama DIGNITA' e RISPETTO. Quando ci sono questi due elementi fondamentali tutto si ripara. L' amore, si sa, é un raro miracolo che non dura per sempre, ma la dignità e il rispetto ci potrebbero aiutare in molte incresciose situazioni che scaturiscono dalla rottura di quel rapporto che, almeno inizialmente, era nato sotto ogni buon auspicio.
    Dignità e rispetto verso l'altro ma anche verso se stessi. Seguendo questi due sani principi si potrebbe chiudere non dico tutto ma quasi con una semplice stretta di mano.
    Dimenticavo un particolare, di non poca importanza: per seguire i dettami della dignità e del rispetto ci vuole un CORAGGIO che non tutti hanno.
    Molto per me ha sbagliato anche la nostra religione. Tante volte mi dico che sarei curiosa di vedere come, nel tempo sono stati tradotti i testi sacri....per quanto io sento, Dio non può ritenere la donna inferiore all'uomo. Siamo esseri diversi e complementari, ma di pari dignità..e se questo non é stato mai fatto comprendere, già qui c'é qualcosa che tocca....

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  4. La religione ha tutto l'interesse che l'amore non sia sublimazione ma calcolo e contratto. Se fosse amore puro, sfuggirebbe al suo controllo e diventerebbe la religione più bella del mondo. Impone l'assolutismo più totale nel suo credo, una per tutte: "Non avrai altro Dio all'infuori di me". Ne consegue che quando due persone uomo/donna o quel che è si amano, sono obbligati a pensare su come verrà impostata la loro futura unione, da un punto di vista meramente materiale. Quando le cose terrene diventano più importanti dell'amore, finisce tutto e si ritorna allo stato brado, si esce dal Paradiso terrestre e ci si infila nella follia quotidiana. Per quanto riguarda il coraggio, basterebbe che ognuno avesse la forza di ammettere che, se da un lato a ogni singola persona fa piacere ricevere rispetto e dignità, è altrettanto vero che dall'altro lato bisogna ripagare con la stessa moneta. Ma, purtroppo, sono principi che non vengono più presi in considerazione, nemmeno a scuola.

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