lunedì 27 maggio 2013

DELLE COSE CHE CAMBIANO

Che strano numero il 7. Sono ultraconvinta che per me abbia qualcosa di particolare.
Sono nata il 7 ottobre e mio figlio il 7 gennaio.
Avevo 7 anni quando mi trasferii dalla casa piccola al villone.
Avevo quasi 21 anni quando conobbi quello che sarebbe diventato mio marito e 7 anni dopo mi sono sposata....come dico nel mio libro 'Cuor di Briossshhh', a volte nella vita c'è poco da fare, bisogna cambiare pagina. Le pagine che si stanno girando ora nella mia vita sono molto pesanti da girare, ma le sto girando lo stesso, non per inerzia, ma almeno con la speranza di cercare di fare il meglio che posso fare.
A volte le cose cambiano non per nostra volontà. Ci si viene semplicemente a trovare davanti, o meglio, dentro a situazioni che solo fino a poco tempo prima si giudicavano semplicemente impensabili. Grazie a Dio mi sono scoperta dentro una grande qualità: mi so adattare.
Adattarsi non vuol dire chinare la testa e lasciarsi andare alla volontà altrui, non vuol dire abbassare le armi e smettere di lottare, come pensa la maggior parte della gente. Adattarsi vuol dire saper resistere in una determinata situazione, riuscire a conviverci senza lasciarsi abbattere e sperare e lottare, sempre, per rovesciarla.
Questo è quello che sento ora io dentro. 
Forse non è nemmeno giusto spiegarne qui il perché; il perché profondo, ed è cosa che non farò. Ve lo dirò per immagini...
C'è stato un tempo in cui, per fare benzina, andavo in fabbrica da mio padre. Lì c'era un distributore per servire i camion e le macchine di dirigenti e fattorini (e i parenti stretti come me!). Dopo poco che arrivavo c'era un signore, sempre pulitissimo e ordinato, autista e addetto alle macchine della ditta, che veniva ad aiutarmi per fare benzina. Mi chiamava 'signorina' e mi faceva sempre dei gran complimenti. Avevo vent'anni e sicuramente li meritavo; ero la figlia del capo, ero carina e non sono mai stata stronza.... Per fare in modo che la mia Fiesta avesse il serbatoio pieno raso, ricordo che scrollava la macchina prima di tirare via il tubo della benzina. Poi si accendeva la sigaretta e scambiavamo ancora due parole. Mi parlava dei suoi anni passati in Africa oppure nominava la moglie. La teneva 'in palmo di mano' come facevano tanti uomini della sua epoca. A sentirlo parlare di lei potevi immaginarla bellissima come Kim Novak, ma in realtà era solo una signora molto normale, un po' grassa, e, mi pare, anche un po' 'rompi'. Costui (di nome faceva Orfeo) era sempre abbronzato e sereno, mai arrabbiato; lo ricordo con la camicia sempre perfettamente stirata, di solito azzurra e con una grossa catena d'oro al collo con appeso un crocifisso. Quando c'era lui, tutte le macchine della ditta erano tirate a lucido, come se dovessero starsene esposte in una concessionaria. Acqua, olio, benzina, tergicristalli, tutto ok, sempre!
Quell'uomo, assieme a tanti altri che ho conosciuto da allora, è morto ormai da tanti anni.
La pompa della benzina è stata tirata via.
Un giorno ero al liceo e il mio beneamato professore d'italiano mi fa 'ma signorina, ho visto la fabbrica di suo padre: sembra la fucina di Vulcano, c'è un'attività enorme! Tutti che vanno, tutti che corrono!'
Ora non c'è più nemmeno un camion e l'altro venerdì nemmeno una singola macchina era nel grande parcheggio dedicato a impiegati e clienti. Non c'era anima viva. Sono morte anche le piante di fianco alla porta d'entrata. Una malattia che ha colpito tutte quelle del circondario, mi dicono, ma lì quel 'male' si è dimostrato particolarmente significativo.
Su Fb ultimamente mi capita di trovare, quasi per caso (ma si sa bene che il Caso non è altri che il Fato) varie persone che hanno fatto parte anche delle mie giornate che, per due anni e mezzo, dopo l'università, ho passato proprio lì, in ditta. Tutti sono nostalgici e, commentando vecchie foto dei tempi che furono li trovo a dire 'Bei tempi!'.
Li ricordo bene, 'quei' tempi. Erano tutti sicuri e tranquilli. Lavoravano, chiacchieravano, prendevano il caffè. Era tutto ritmato, tutto perfetto...qualche battuta e tanto impegno, più o meno da parte di tutti (qualcuno che si imboscava c'era anche allora, ma questo, si sa, fa parte del gioco, ora come allora!) 
 
Tuttavia nulla è per sempre.
Non ho paura né vergogna per quello che è successo.
In guerra cadono le bombe.
Durante le crisi si chiudono le fabbriche.
Io ho vissuto altrove, per tanto tempo, ma quella è la mia terra, la mia gente e lì torno sempre più spesso e tornerò non appena possibile, per sempre.
Non ho paura di lavorare semplicemente perché l'ho sempre fatto, benché in molti non lo credano.
L'opinione di questi ultimi non mi interessa. Vado avanti per la mia strada.
Mi adatto, studio il percorso e cerco di venirne fuori, come ho sempre fatto.
7x8= 56? Se tra due anni poco più sarò ancora qui vi dirò come sarà andata. 
 
 
 

1 commento:

  1. Darwin sosteneva che sopravvive chi è capace di adattarsi non chi è più forte. Quindi concordo pienamente con quanto scrivi. Quando di me dicono, soprattutto leggendo i miei scritti, che sono un inguaribile pessimista, faticano a capire che sono solo un inguaribile realista. Quando si devono affrontare le tante difficoltà che affliggono una persona nella vita, quest'ultima le annusa per tempo e sa già come porre dei robusti paletti per porvi rimedio, quindi non si trova impreparata come i tanti che escono dalla nuvoletta dorata e non capiscono neanche cosa sia successo Per quanto riguarda la "fabbrica" non te ne fare un cruccio, non sono addentro alle cose per poter dare un giudizio e neanche me lo permetterei, sicuramente sbagli ne sono stati fatti tanti anche da parte di chi ci ha governato guardando più ai suoi interessi personali e sbagliando completamente valutazione sulla crisi che ci è piombata addosso, che sicuramente non si sarebbe potuta evitare ma affrontare in altri termini. Comunque felice di sentire che vuoi tornare nella tua terra, dove sono sicuro troverai ancora molti amici.

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